Secondo alcuni botanici, la pianta del caffè ha sviluppato una così alta concentrazione di caffeina nei suoi frutti, proprio per attirare i preziosi insetti impollinatori ed una volta fatto assaggiare il suo gustoso nettare alla caffeina, renderli “schiavi” fissando meglio nella loro memoria la localizzazione della pianta inducendole a tornare più volte per completare l’impollinazione
di RENATO REGGIANI 22 maggio 2019,12:26
Se pensate di essere gli unici esseri viventi ad iniziare la giornata con un caffè, vi state sbagliando di grosso, le api sono attratte quanto e forse più di noi dall’aroma della caffeina. Non stiamo parlando della tazzina fumante di espresso napoletano o del caffè lungo all’americana ma della caffeina contenuta nel polline della pianta del caffè ed in misura minore in molti altri pollini di piante.
Numerosi studi hanno dimostrato che le api, impollinatori per eccellenza, sono attratte maggiormente da fiori contenti nel polline di caffeina e che in breve diventano “dipendenti” da questa sostanza che le stimola a ricordare meglio la posizione della pianta e le rende più “lucide” nel loro lavoro di raccolta del prezioso nettare.
Ma il legame tra api e caffè e ancora più profondo di quanto si possa immaginare, secondo uno studio della Rainforest Partnership i cambiamenti climatici che stanno portando ad una importante riduzione del numero di questi utili insetti, potrebbero mettere a rischio la produzione mondiale delle preziose bacche di caffè. Le piantagioni impollinate dalle api hanno una produzione superiore del 25% e bacche più grandi e uniformi, qualità che hanno un effetto sia sul gusto della bevanda finale che sul prezzo del caffè a livello internazionale.
Secondo alcuni botanici, la pianta del caffè ha sviluppato una così alta concentrazione di caffeina nei suoi frutti, proprio per attirare i preziosi insetti impollinatori ed una volta fatto assaggiare il suo gustoso nettare alla caffeina, renderli “schiavi” fissando meglio nella loro memoria la localizzazione della pianta inducendole a tornare più volte per completare l’impollinazione.
Questi comportamenti complessi rientrano nella cosiddetta comunicazione “interspecie”, evidenziata proprio da ricerche sulle modalità di impollinazione che hanno dimostrato l’incredibile capacità di molti fiori di “sentire” il ronzio delle api in prossimità del fiore e di attivare in pochi minuti una superproduzione, fino al 25% in più di nettare.
Gli esperimenti di ricercatori Israeliani hanno utilizzato micro amplificatori che hanno riprodotto quello che ad alcuni sembra solo un fastidioso ronzio ma per le piante è invece un segnale prezioso. Un segnale che avvia una incredibile reazione biochimica che porta alla produzione di quantità superiori di nettare per attrarre più insetti utili.
Oggi possiamo dire che le piante ascoltano, probabilmente però lo fanno in modo assai diverso da noi, infatti le piante non hanno orecchie ma un sistema di rilevazione assai più sensibile probabilmente basato su stimoli pressori e vibrazioni. Un universo di suoni e significati tutto da esplorare anche per i nostri ricercatori.
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